«Partire è, innanzitutto, uscire da sé stessi. Spezzare quella crosta di egoismo che tenta di rinchiuderci nel nostro "io". Partire è aprirci agli altri, scoprirli, farci loro incontro.» insegnava ai giovani il Servo di Dio Dom Helder Camara, vescovo brasiliano. Partire, letteralmente dividere, fare a pezzi la realtà che conosciamo per studiarne e capirne le singole sfaccettature, è l'invito che Papa Francesco ha rivolto a tutti i giovani italiani in preparazione al Sinodo che si terrà in Ottobre, quando i vescovi si incontreranno per discutere su "I giovani, la fede e il discernimento vocazionale". Partire è dunque un primo passo per il discernimento, per cercare di trovare una risposta alle domande che hanno scosso gli animi dei giovani di ogni tempo: "Chi sono? Quale è la mia strada?". Così ci siamo messi in cammino, chi fisicamente, chi in senso metaforico, e ci siamo incontrati tutti a Roma l'11 e il 12 Agosto. Siamo giunti "Da Mille Strade", ognuno con il proprio bagaglio, con la propria storia di vita, ed abbiamo coraggiosamente risposto al Papa "Siamo Qui". Sembra un'affermazione banale, ma banale proprio non lo è: quando ti metti in viaggio, alla ricerca di qualcosa, non sai dove arriverai e, quando arrivi, spesso non sai nemmeno come hai fatto. Dire "Siamo Qui" è ribadire che, anche se siamo giovani, siamo consapevoli dell'avventura in cui ci siamo imbarcati, è dire che, sì, il futuro ci rende incerti e timorosi, ma almeno sappiamo da dove partire, e lo facciamo proprio da qui. Alla Veglia, che si è tenuta al Circo Massimo, eravamo presenti in 70 mila. Ci siamo sentiti veramente parte di qualcosa di più grande ed è stato forse proprio questo sentimento a ricaricarci dell'entusiasmo necessario per colorare il "disegno" che è su di noi. In questa occasione il Papa ci ha ricordato che noi giovani siamo il "Discepolo amato". In quel primo giorno dopo il Sabato (Gv 20, 1-10), in quella che sembrava essere l'ora della sconfitta, della morte, Giovanni, il più giovane tra i discepoli, non perde la fede. Così corre, corre verso il sepolcro, animato dalla speranza di vedere ancora il volto di Gesù, e la sua fede è così grande che vi giunge molto prima di Pietro, più anziano e più incupito dalla realtà dei fatti. Giovanni attende Pietro ed insieme entrano nel sepolcro: il corpo di Gesù non c'era più, al suo posto vi erano le bende di lino con cui il corpo era stato avvolto e il sudario. Allora "vide e credette" e così quella che sembrava l'ora buia della sconfitta è diventata l'alba del primo giorno, illuminata dalla Luce della Vita, che nemmeno il pesante macigno davanti al sepolcro può ostacolare. Il Papa ha quindi regalato a ciascuno una piccola riproduzione della Sacra Sindone, in modo che, come il Discepolo amato, potessimo raccogliere la testimonianza di Gesù: Dio ci ama tanto da dare la vita per noi. Il Papa ci ha poi esortato a vivere la vita con la stessa speranza che aveva Giovanni mentre correva verso il sepolcro, a non accontentarci del passo prudente di chi si accoda in fondo alla fila e ad avere il coraggio di sognare. Sognare spesso ci spaventa, ma non dobbiamo temere perché non siamo soli: "I sogni grandi, hanno bisogno di una sorgente di speranza, hanno bisogno di Dio per non diventare miraggi o esaltazione dell'io ". E allora dobbiamo smettere di preoccuparci solo del nostro "io" e capovolgere la prospettiva, dobbiamo cominciare a pensare in termini di "noi", a lottare per costruire un mondo basato sulla fraternità. "Noi" significa proprio questo, pensare come se fossimo una cosa sola, perché le necessità dell'altro siano anche le mie. Al termine della Veglia e della serata di musica e festa ci siamo incamminati verso piazza San Pietro. Durante il tragitto abbiamo visitato alcune chiese, eccezionalmente aperte per la Notte Bianca. Ci è stato così possibile ammirare alcune opere del Caravaggio custodite nella chiesa di San Luigi dei Francesi, nella chiesa di Sant'Agostino e di Santa Maria del Popolo, con la guida dei ragazzi di Pietre Vive, comunità di giovani che hanno come obiettivo quello di annunciare Gesù Cristo attraverso le bellezze artistiche delle nostre chiese. Tra tutte le opere la più sorprendente è stata "La Madonna dei Pellegrini", di certo non tra le più note. Raffigura la Vergine, in piedi di fronte a quella che probabilmente è la Santa Casa di Loreto, che tiene in braccio il Bambino e lo mostra a due pellegrini. Questi, stanchi e sporchi, si contrappongono al candore di Maria e Gesù, suscitando in chi la guarda la stessa sensazione di sollievo che prova chi, al termine di un lungo viaggio pieno di insidie e fatiche, finalmente trova quello per cui si era messo in cammino. Il mondo divino si offre così a un'umanità che è reale, affaticata e sporca, ma che, se ha fede, ha ancora una possibilità di salvezza. Dopo un paio d'ore di sonno sui sampietrini di via della Conciliazione, insieme a qualche migliaio di ragazzi, siamo stati finalmente accolti nell'abbraccio del colonnato di piazza San Pietro, dove abbiamo assistito alla Santa Messa e all'Angelus. Mai come in quel momento abbiamo sentito più vere le parole di Papa Paolo VI: "Ognuno nella Chiesa è oggetto di amore. Nessuno dica: io qui sono forestiero. Ognuno dica questa è casa mia. Qui sono amato, perché sono atteso, accolto, rispettato, curato. Qui sono preparato all'incontro che tutto vale, all'incontro con Cristo, Via Verità e Vita." Il nostro viaggio è così giunto al termine. Letteralmente, tutti i pezzi che sembravano senza senso al momento della partenza si sono (ricon)giunti. Ci è apparso allora chiaro che il cammino ha una Meta ma non una fine, che possiamo sognare senza paura, che ci saranno difficoltà lungo la strada, ma non ci sarà ostacolo che non potremo superare perché Lui trasformerà in qualcosa di grande quel poco che abbiamo, purchè mettiamo nelle Sue Mani tutto noi stessi. Del resto, l'Amore non ammette mezze misure.
Sofia Sartori