Festa della famiglia nel segno della simbolicità - Minicrociera al Giglio

FamigliaTutti abbiamo provato questa sensazione nella nostra vita. Quel piacere nel ritornare dopo un viaggio e sentire il profumo del proprio salotto, quella freschezza nel mettersi a letto appena rifatto da tua madre, quello che percepisci quando trovi un piatto di minestra calda ad aspettarti nelle sere d'inverno.
A questo pensavo quando, sorriso stampato sul volto, ci stavamo allontanando dalle coste dell'Isola del Giglio. Su ciò riflettevo, tornata nella mia famiglia, la sera del primo maggio: «in realtà ho passato tutta la giornata in Famiglia!».
Questo si augurava il nostro vescovo Guglielmo e questo è il miglior regalo che potevamo fargli «a distanza»: sperimentare la bellezza di una Chiesa viva, vera, collaborativa… una Chiesa che cammina per la stessa strada.
Scegliere un'isola per sperimentare ciò è stato quasi provvidenziale. La traversata. Partire dalla terra ferma, dalle nostre certezze, dalle nostre comode abitudini e sperimentare la bellezza del viaggio, del mare mosso, del sole che si fa spazio tra i nuvoloni. Il Signore ci lascia nell'incertezza; proprio quando noi vogliamo risposte esatte, definitive, quando vogliamo placare la nostra ansia di
ottenere risposte risolutive, egli ci chiede di entrare in una nuova condizione, che libera la nostra vita dalla paura e la apre alla fiducia… Il Signore ci lascia «nell'incertezza» perché la fede sia capacità di relazione con Lui. E insiti in ogni relazione d'amore sono il rischio e il coraggio. Allora, «coraggio, sono io», non avere paura di lasciare il porto! L'approdo. La terra ferma, il sentirsi accolti, attesi, voluti: dal buffet all'asilo delle suore (organizzato da alcune mamme ed educatrici del Porto), ai volti sorridenti di chi ha visto più di 200 persone scendere da quel traghetto, dal far giocare e riflettere grandi e piccoli sull'Apocalisse alla visita a Giglio Castello. E così tutti in chiesa a provare i canti, a prepararsi per animare la messa del pomeriggio, chierichetti al «lavoro» (in riflessione e ascolto di ciò che aveva preparato don Giulio) e il coro a scaldare le voci (sotto la guida dei gigliesi e di don Gino). Il pranzo. Come ogni famiglia che si rispetti, quando il sole è alto nel cielo, ci si siede attorno ad un tavolo e si condividono il pasto, i racconti della mattinata, le cose fatte fino a quel momento. E così è stato per noi: pranzo al sacco, tovaglie a terra, panini da scartare e tante risate; educatori e bambini, genitori e figli, suore e sacerdoti, adulti e nonni. Tutti insieme! Ricaricate le pile eccoci pronti per il pomeriggio. Gli adulti hanno potuto ascoltare la testimonianza di Nicola ed Antonella Lops della Retrouvaille, un'associazione cattolica, ma aperta a tutte le coppie sposate, senza differenza di affiliazione religiosa, o sposate civilmente o conviventi con figli, che tende una mano e offre un cammino di speranza, per rimettere in moto il «sogno» che li ha
accompagnati e fatti credere nel matrimonio e nella famiglia. Nella loro storia c'è un po' della parabola del Padre misericordioso: un matrimonio con incomprensioni, mancanza di dialogo, separazione legale, per arrivare poi a riavvicinarsi e rivedere il matrimonio come un rapporto a tre (uomo, donna e Dio! ). I ragazzi invece sono stati impegnati in una caccia al tesoro per le strade di Giglio Porto, animati dagli educatori dell'Azione cattolica, alla ricerca dell'ingrediente «mancante» per poter realizzare una delle ricette essenziali nella vita di ogni uomo: il pane. E così, solo trovando il lievito, hanno compreso che è possibile godere di quello che è il nostro Pane quotidiano. «Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla mia bocca»: infatti come tesoro li attendeva un Vangelo a fumetti, uno per ogni bambino, uno per ciascuno, come a voler ricordare che la Parola è per ogni vita. A quel punto non potevamo far altro che premiare il vincitore del concorso diocesano «Non di solo pane vive l'uomo», indetto dall'Azione cattolica che ha visto al primo posto la parrocchia di Pitigliano. Sfida combattuta, che ha sottolineato di nuovo come quella del concorso debba essere una «scusa» per riflettere, far lavorare i nostri ragazzi su qualcosa, anzi su Qualcuno che costantemente parla alle loro esistenze. La Messa. Il momento conclusivo, il pregare assieme, la consegna delle Bibbie ad ogni famiglia, quella processione di mani pronte a ricevere la Parola, quelle bocche lì ad accogliere l'Eucarestia, quei cuori aperti all'ascolto e al ringraziamento. Sì, perché dopo una giornata del genere, ciò che viene spontaneo dire è un «Grazie»… un grazie generico, rivolto a coloro che, in qualsiasi modo e secondo le proprie possibilità, si sono spesi per la riuscita della
giornata, a chi si è affidato, a chi è partito e ha deciso di lasciare il proprio porto, a chi ha accolto l'invito (sarebbe difficile ringraziare personalmente uno per uno). Un grazie specifico a Chi ha permesso tutto questo, a Chi ha guidato la nostra rotta, a Chi ha «soffiato» sulle vele della nostra barca e ci ha fatto capire che dobbiamo e possiamo essere una famiglia. Ascoltando l'omelia di don Gino, mi veniva in mente ciò che papa Francesco disse ad un'udienza a dicembre: «Gesù viene come un figlio di famiglia, non come guerriero, non come imperatore, quando poteva venire nel mondo in modo spettacolare. Quello che
era importante lì era la famiglia!». Nient'altro da dire: quello che era importante lì era la Famiglia!

DI LUCIA GENTILI

 

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