Giovedì santo: la "chiavetta" dalle Suore per il Bicentenario di S. Agostino Roscelli

Unʼaltra antica tradizione popolare, ancora oggi praticata alla chiesa di Santo Stefano dalla Confraternita durante la Settimana Santa è la Chiavetta: la custodia del cosiddetto Sepolcro, ovvero del tabernacolo presso lʼaltare delle reposizione, dove il sacerdote pone la pisside con le ostie consacrate durante la messa in Coena Domini del Giovedì Santo. Per circa 24 ore la chiavetta viene tenuta nella casa del custode che lʼappende sopra un altare allestito per lʼoccasione, dove viene visitata dai fedeli che con devozione si recano a renderle omaggio con la preghiera. Questa tradizione non è una forma di superstizione, ma un chiaro sentimento di devozione e un rimando al Corpo e al Sangue di Cristo offerti per noi nellʼEucarestia, che aiuta a vivere con maggiore intensità la fede in questo sacramento e a ricordare lʼimportanza dell'adorazione. Fino ad ora il custode della Chiavetta è sempre stato una persona della Confraternita, che rappresenta simbolicamente uno dei dodici apostoli, Pietro, al quale viene legata al collo la chiave con un nastro bianco. Questa volta tale compito è stato affidato a suor Giovanna Magni, superiora della Suore dellʼImmacolata di Porto Santo Stefano, per rendere omaggio al loro fondatore SantʼAgostino Roscelli, in quanto questʼanno si ricordano 200 anni dalla sua nascita: è un gesto di attenzione, di affetto e di riconoscenza della comunità parrocchiale nei confronti delle suore dellʼImmacolata che dal 1923 sono presenti nel nostro paese offrendo un servizio prezioso, umile e generoso con la scuola materna e lʼapostolato parrocchiale. La chiavetta ha così sostato per un giorno presso lʼasilo Charitas delle suore dellʼImmacolata, dove è avvenuto un continuo pellegrinaggio di fedeli: un evento straordinario e significativo che passerà alla storia di questa tradizione religiosa così fortemente sentita dai santostefanesi. Per questo ci sembra giusto riportare l'omelia che il parroco don Sandro ha tenuto nella Messa in Coena Domini, nella quale si mette ben in evidenza l'aspetto liturgico celebrativo dei riti del Triduo Santo con le varie tradizioni e usanze che nei secoli hanno arricchito la frede e la religiosità del popolo cristiano. Eccone il testo nella trascrizione dalla registrazione audio, non rivista dal celebrante: La Lavanda dei piedi, lo stesso gesto che tra poco io ripeterò come gli altri sacerdoti in tutte le chiese del mondo, ci introduce al Triduo pasquale della passione, morte e risurrezione del Signore Gesù. "Capite quello che ho fatto per voi?". La domanda la dobbiamo prendere non come una provocazione di Gesù, ma come un invito, da parte del Maestro, da parte del Signore..."io il maestro e il Signore vi ho dato l'esempio, perché anche voi facciate come io ho fatto". Prendiamo questa domanda di Gesù, come una domanda che ci interpella sempre, non solo oggi, non solo in questi giorni del Triduo santo; quante volte ascoltiamo la Parola di Dio, quante volte partecipiamo ai segni della vita della chiesa, ma veramente riusciamo a capire quello che ascoltiamo, quello che viviamo. Capire non soltanto con la testa, tutti lo possiamo fare, nessuno di noi è impedito da questo, ma capirlo con il cuore, con la vita, con l'impegno. "Quello che ho fatto io fatelo anche voi". Sappiamo tutti che il Vangelo di Giovanni, dei quattro, è l'unico che racconta questo segno, questo gesto di Gesù della lavanda dei piedi e molti commentatori dicono: anziché ripetere le parole dell'istituzione dell'Eucarestia che troviamo negli altri vangeli o come abbiamo ascoltato nella seconda lettura di Paolo ai Corinzi, che Giovanni ha voluto, liberamente mettere al posto delle parole, ciò che l'Eucarestia significa e cioè la vita offerta, la vita donata, il segno del servizio, il segno dell'amore. Il gesto che Gesù compie non è soltanto un gesto di umiltà, anzi se noi leggessimo il testo originale troveremmo tutte parole che non sono di umiltà, ma di esaltazione; Giovanni quando racconta questo gesto di Gesù, presenta il Gesù glorioso, il Gesù che ha le vesti nuove della resurrezione, Gesù l'agnello senza macchia, senza difetto. Gesù che si cinge di un telo, letteralmente, non di un asciugatoio; è il telo in cui fu avvolto dopo la morte in croce, è il telo che vide Giovanni quando arrivò per primo al sepolcro, e lo ascolteremo la mattina di Pasqua. Gesù, dice il vangelo, si alzò da tavola, letteralmente "risorse dalla cena", si alzò da cena...si alzò, è il Risorto, è il Signore della vita. Il gesto che Gesù compie non è un gesto di umiltà lo squalificheremmo troppo; Gesù ha fatto tanti gesti di umiltà, ce l'ha consigliata l'umiltà, ma lui compie questo gesto perché è il Maestro, è il Signore, è il gesto volontario di chi offre la sua vita per noi. Ecco l'Eucarestia, ecco la Pasqua! Noi sviliremmo il significato profondo dell'Eucarestia e della Pasqua, se limitassimo il gesto di Gesù a un esempio; si ci ha dato un esempio, ma quante persone oggi ci danno un esempio, quante persone buone troviamo che ci danno un buon esempio. Gesù non è venuto soltanto per darci un buon esempio; se ci avesse dato soltanto un buon esempio non avrebbe arricchito di niente e di più l'umanità; Gesù ci ha dato qualcosa di più, ci ha dato Se Stesso. Io posso dare il dono più bello e più prezioso di questo mondo, ma se non dono me stesso in quello che faccio, in quello che sono, in quello che rappresento per il posto occupo, quello vale di più di qualsiasi altro dono, di qualsiasi altro gesto; è il dono della vita, "avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine", cioè fino al compimento supremo della sua vita. Quell'amare fino alla fine, lo ritroveremo domani pomeriggio, quando leggeremo: Gesù avendo compiuto tutto, fino alla fine, emise lo spirito, morì e risorse per noi. Il compimento della vita di Cristo è questo gesto di amore; lui ci ha lasciato il segno di questo gesto, che è l'Eucarestia. Allora ancora due pensieri e concludo. Innanzitutto quest'anno la "chiavetta", tradizione della nostra comunità che risale a un secolo fa, verrà consegnata alle Suore, alla comunità delle nostre suore, non perché non la voleva nessuno, ma perché c'è un motivo; quest'anno per il loro Istituto è un anno particolare, è il bicentenario della nascita di Sant'Agostino Roscelli, il loro Fondatore. Ogni comunità sparsa in Italia e nel mondo, fa delle iniziative; questa è una cosa bella, prendere loro la chiavetta perché sono una famiglia anche loro, sono persone che vivono nel nostro territorio, integrate non soltanto all'esterno, quindi è significativo, là nella loro casa che è la casa di tutti noi, perché molti di voi penso sono stati lì, o come alunni della scuola materna, oppure vi ha fatto il catechismo, vi ha passato dei momenti di formazione, di preghiera, di gioco; quindi quella delle suore è una famiglia nella nostra famiglia parrocchiale. Allora è molto bello questo segno della chiavetta che viene custodita dalle suore ed anche perché, non dobbiamo mai dimenticarcelo, che le donne seguivano Gesù, furono le prime a scoprire il sepolcro vuoto e ad annunciare la Resurrezione; è una donna che dice agli apostoli: ehi ragazzi sveglia!! Il sepolcro è vuoto, hanno portato via il corpo di Gesù. Gesù Risorto incontra per prima Maria Maddalena, la donna è importante nella prima comunità della chiesa. Allora è significativo che la chiavetta quest'anno venga custodita nella comunità della scuola materna Charitas, il cui nome ci ricorda l'Eucarestia. Questo è un segno di affetto, di sentire la comunità delle suore dove tutti noi siamo passati, come la nostra comunità, e vorrei sottolineare quello che diceva il loro Fondatore Sant'Agostino Roscelli ricordando l'Istituzione dell'Eucarestia; questa sera chi andrà su dalle suore troverà dei bigliettini con delle frasi che aiutano a meditare, uno di questi dice così: "O mio Gesù, che da quel sacro tabernacolo mi guardi, fa che un raggio vibrante della tua luce illumini la mia mente, e un dardo del tuo amore ferisca questo mio cuore, affinché io, illuminato, possa illuminare; ferito, possa ferire, e accendere tutti del Tuo amore!". Bello! E' un testo simile ai testi dei grandi mistici. E a proposito di grandi mistici, concludendo vi cito un passaggio di una donna straordinaria del nostro tempo, Madeline Delbrel, che scrive così: "Se dovessi scegliere una reliquia della Tua passione prenderei proprio quel catino colmo d'acqua sporca, è la tua reliquia più bella. Girare il mondo con quel recipiente e ad ogni piede che incontro cingermi dell'asciugatoio e curvarmi fino a terra, non alzando mai lo sguardo oltre il polpaccio..." La discrezione, quando si fa il bene si fa e basta. Punto. E' l'amico, è il nemico, è uno simpatico, uno antipatico, si fa il bene e basta; non perché ci piace, perché è bello, perché è bravo, perché ci può dare poi un contraccambio. Dio ci ama perché ci ama, punto; non perché siamo bravi, non perché siamo cristiani, non perché siamo devoti. Dio ci ama, fino al polpaccio, oltre non serve "...per non distinguere i nemici dagli amici e lavare i piedi del vagabondo, dell'ateo, del drogato, del carcerato, dell'omicida, di chi non mi saluta più, di quel compagno per cui non prego mai. In silenzio, affinché tutti abbiano scoperto, nel mio, il Tuo Amore. Mandaci, o Dio, dei folli, quelli che si impegnano a fondo, che amano sinceramente, non a parole e che veramente sanno sacrificarsi fino alla fine." Come te, Signore! "Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine" Questo è l'augurio che faccio, a nome di don Gino, don Antonio, del diacono Mario e delle nostre Suore, a tutti voi e a me stesso. Amen