Molte sono le tradizioni, devozioni e celebrazioni della Settimana Santa tipiche delle varie parrocchie della diocesi, ognuna delle quali ogni anno fa rivivere ai paesani antiche emozioni, che sollecitano sentimenti di dolcezza, gioia e festa proprio perché rievocano sensazioni, colori ed odori dei tempi andati, quando la vita era più semplice e, per questo, più felice. Una delle più tipiche di queste tradizioni è senz’altro la processione del Risorto all’alba di Pasqua a Porto S.Stefano. Niente di eccezionale dal punto di vista scenografico: solo una statua del Cristo risorto portata a spalla da uomini volenterosi. Ma chi ha la grazia di partecipare all’evento, specie se paesano, può vivere veramente un’esperienza di profonda emozione che nessun altra manifestazione pubblica, religiosa o civile, riesce ed eguagliare.
La “Prociossione”, come la chiamano i vecchi paesani, parte alle 7, quando il sole inizia a salire dalle colline sopra il Polverificio; il mare calmo si tinge di riflessi dorati e rossastri e il Risorto inizia a caracollare verso il molo della Pilarella. La gente fa appena in tempo a mettere teli, tovaglie colorate e lenzuoli bianchi alle finestre e ai balconi, che subito, ancora assonnata, magari svegliata dalle note della banda, si precipita per le scale e si mette ordinatamente in fila. Così si assiste ad un fenomeno unico: la fila si allunga a dismisura man mano che la manifestazione religiosa passa per le vie. Sul molo della Sanità, la prima “pelle d’oca”: il Cristo risorto viene alzato per tre volte a benedire il mare; il ricordo non può che andare ai tantissimi marinai e pescatori che lì, nel mare, hanno ancora la loro tomba. La seconda emozione fortissima si prova poi quando, sopra la Cetina, il Cristo benedice il porto: tutti i natanti, dai traghetti alle paranze, dagli yacht alle piccole barche da pesca, danno fiato alle loro sirene: un concerto che scuote i timpani, entra dritto al cuore e …sveglia gli ultimi dormiglioni che, se non altro per scaramanzia, scendono in processione nell’ultimo tratto, fino alla chiesa. Qui l’ultima emozione: un brivido che dalla testa scende alla schiena per ritornare al cuore da dove è partito: è l’applauso di gioia che accoglie il Cristo quando entra nella navata dell’Arcipretura. Allora, chi riesce a non versare neanche una lacrima o è sordo o… non è santostefanese.
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